Borghi italiani in crowdfunding.
Borghi e edilizia rurale, digitalizzazione, tutela, Recovery Art,crowdfunding.
Il Piano Nazionale di ripresa e resilienza parla finalmente di… cultura!
Gli interventi sono fondamentali nell’azione di ripartenza del Paese. Sarà come sempre un’intenzione oppure, come auspico, si passerà all’azione?
Le somme in arrivo sono notevoli, si parla di uno stanziamento di 6,675 miliardi mirato ad incrementare il livello di attrattività del sistema culturale e turistico del Paese attraverso la modernizzazione delle infrastrutture, materiali e immateriali.
Gli investimenti previsti per la cultura ammontano nel complesso a 4,275 miliardi di euro a cui si sommano nel Fondo Complementare gli investimenti del ‘Piano Strategico Grandi attrattori culturali’, per 1,460 miliardi di euro, finalizzati al finanziamento di 14 interventi principali.
“La cultura guiderà la ripartenza del Paese”. Commenta il Ministro della Cultura, Dario Franceschini: “il Recovery plan – prosegue – introduce risorse fondamentali che dimostrano come la cultura sia al centro delle scelte di questo governo. Da interventi sui grandi attrattori culturali nelle città metropolitane a una grande operazione di rilancio dei borghi, all’intervento sulla sicurezza antisismica dei luoghi di culto, alla digitalizzazione, alla creatività e al potenziamento dell’industria cinematografica”.
Le aree di intervento sono in tutto tre e riguardano
1) piattaforme e strategie digitali per l’accesso al patrimonio culturale;
2) rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi e investimenti per l’accessibilità;
3) il miglioramento dell’efficienza energetica di cinema, teatri e musei
Ma il vero passo in avanti riguarda la rigenerazione dei borghi con uno stanziamento di 2,720 miliardi di euro.
Il “Piano Nazionale Borghi” per valorizzare il grande patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presente nei borghi italiani dall’enorme valore paesaggistico-culturale e dal grande potenziale di crescita economica è argomento caldo.
Per secoli in Italia abbiamo praticato naturalmente il distanziamento sociale. Eravamo trenta milioni, ben distribuiti su tutto il territorio nazionale, tra campagne, montagne, città. Oggi siamo più del doppio e la concentrazione è per lo più nelle aree urbane.
L’archistar Stefano Boeri intervistato da Repubblica sostiene che “servirebbe una campagna per facilitare una dispersione, e anche una ritrazione dell’urbano…l’Italia è piena di borghi abbandonati da salvare».
Andando a leggere i dati, emerge che i comuni a rischio svuotamento in Italia sono circa 6000, sparsi su due terzi del territorio, per lo più in zone ricche di patrimonio (naturalistico, agricolo, culturale), ma povere di servizi. Sono luoghi dove manca tutto: scuole, mezzi pubblici, sanità e, dettaglio non irrilevante, la preziosa banda larga.
Vivere in un borgo è una vera e propria sfida perché se è vero che in Italia di luoghi incantati dove si potrebbe pensare di spostare la propria vita ce ne sono migliaia, è anche vero che acquistare casa o terra in un borgo abbandonato non è affatto semplice.
La proprietà dei terreni nelle aree interne (salvo alcune eccezioni, come il Trentino) è per lo più privata, suddivisa dai passaggi ereditari di generazione in generazione. I proprietari sono difficili da rintracciare, vivono all’estero, hanno dimenticato i terreni di cui sono proprietari, non li vendono e quasi sempre non se ne occupano».
Antonella Tarpino, autrice di “Spaesati: Luoghi dell’Italia in abbandono tra memoria e futuro” ha sognato di riportare in vita il borgo piemontese di Paraloup scoprendo strada facendo che le baite sono quasi sempre divise in sei lotti diversi, con gli eredi (nel suo caso) in Francia da un paio di generazioni.
Con il sostegno di quelle che Tarpino chiama amministrazioni solidali (cioè sindaci che non vogliono far morire i paesi) ha trovato il modo di recuperarle dando impulso alla legislazione regionale. «Anche grazie alla nostra Rete del ritorno il Piemonte si è dotato di una legge sulle associazioni fondiarie, uno strumento che permette a privati, onlus, comuni di mettersi insieme per recuperare e valorizzare la terra“
In pratica, se si vuole spingere le persone a lasciare le città per i borghi, serve una burocrazia semplificata che permetta e incentivi l’accesso alla terra.
Il secondo grande passaggio da affrontare è quello della sostenibilità. Se fino al 2020 si poteva pensare di spostare la propria residenza in un borgo e vivere di turismo, oggi questa voce rimane quanto mai incerta ed è stata prontamente tramutata in “luoghi dove spostarsi per lavorare smart” ma, considerando la quasi totale assenza di banda larga e servizi, prima che questo passaggio sia effettivamente realizzabile, il piano b deve essere un altro e questo altro si chiama terra.
Fra le varie proposte ed esperimenti ricordo quello molto interessante dei borghi del benessere, una versione migliorata delle RSA urbane e quella dei borghi dell’innovazione, che coniugano vita rurale ed economia digitale. I famosi Smart Village della Comunità Europea.
Nodi da sciogliere: banda larga e servizi. Con lo spopolamento, valli e centri abitati hanno perso le scuole, i trasporti, la sanità e, repetita juvant, non hanno ancora la banda larga, essenziale per qualsiasi progetto di sviluppo.
In Italia è attivo dal 2015 il Piano Aree Bianche per portare Internet veloce a 14,7 milioni di italiani tramite incentivi pubblici. Il Piano oggi è in ritardo di un anno rispetto ai tempi previsti (questo deficit di connessione si aggiunge il fatto che 1200 comuni hanno difficoltà di ricezione telefonica e cinque milioni di italiani vedono con grande fatica (o non vedono affatto) i canali Rai.
Ma le cose si stanno muovendo comunque. La pandemia ha creato in molte persone una forte richiesta di spostamento verso un tipo di vita più semplice e a contatto con la natura.
Lo smart working in moltissimi settori può essere svolto ovunque e quindi la direzione verso il recupero dei borghi è corretta. E’ la realizzazione quella che va affrontata e risolta.
Se avessi voglia di occupartene, si parlerà di borghi a fine luglio durante il consueto evento organizzato a Pietrelcina da Fondazione Ampioraggio.
Jazzin’, questo è il nome dell’evento, ormai da cinque anni si occupa di proporre e inventare soluzioni in grado di portare innovazione alla Pubblica Amministrazione. In cinque anni centinaia di innovatori, imprenditori, startupper e amministratori locali hanno lavorato gomito a gomito proponendo idee che quest’anno, grazie al Recovery Fund, potranno finalmente vedere la luce. Partendo da Pietrelcina, splendido borgo italiano abituato da sempre ai miracoli.
Parleremo nel prossimo post di Jazzin e anche di Jazzout. Stay tuned -:))
Redazione www.innamoratidellacultura.it
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