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Brut, marginale, outsider. Irregolari, eccentrici, solitari. In mostra a Torino. Stay Tuned.

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Individuale, senza ascendenze e discendenze. L’Outsider Art è una variabile impazzita che mette in crisi gli strumenti consueti e classificatori della critica d’arte. Ma, provenendo dall’interiorità dell’autore, bussa alla parte più profonda di noi, lasciando spesso riemergere forme e simboli antichi e universali”.  Questa è la riflessione che arriva dal sito dell’Osservatorio “Outsider Art” dell’Università di Palermo. Un ente di ricerca istituito nel 2008 per esplorare, diffondere e sostenere l’universo composito dell’arte “irregolare”.

Di che cosa si tratta?

È l’arte di chi non è artista. Perlomeno, di chi non è artista in forma ufficiale. Questo tipo di arte, che nasce da una pulsione profonda di chi non sa di avere ina vocazione e vuole liberare emozioni, fobie, fantasie. Spesso usando tecniche e materiali inconsueti. Un secolo fa il critico Jean Dubuffet la battezzò “Art Brut” e nel 1972 Roger Cardinal la rinominò “Outsider Art
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Chi sono questi artisti?

Sociopatici, autistici, disabili, psicotici, bambini, visionari, analfabeti o vittime di traumi, ex tossicodipendenti. Ma anche persone comuni. Tutti accomunati dalla produzione artistica creata per sé stessi, nata per definire il proprio mondo interiore in maniera catartica e non speculativa. Già Paul Klee e Pablo Picasso andarono alla ricerca di un’arte spontanea, per certi versi primitiva. Espressionismo significa creare partendo dalla spontaneità e dando spazio alle emozioni profonde, alle intuizioni. Picasso si appassiona a strane produzioni tribali, Kandinski è attratto dai disegni popolari. Gauguin si innamora dei mari della Polinesia. Il legame fra arte e pazzia è quindi molto stretto. Genio e follia sembrano essere l’elemento indispensabile perché un artista possa essere definito tale ma non è detto che la pazzia produca necessariamente arte.

Arte irregolare

Arte irregolare

Sulla scia di tutto questo, a Torino, crogiuolo creativo d’eccellenza, la storica Associazione Arte Giovane propone, dal 22 di gennaio,  la mostra “Orizzonti Diversi”.  Curata da Ivana Mulatero,  presenta una selezione di opere di artisti regolari e affermati insieme a opere di artisti irregolari. Non possiamo anticipare altro. Partirà una campagna d crowdfunding. Il cui ricavato servirà in parte per sostenere la mostra e in parte verrà devoluto.

#Stay Tuned #donate #share #love
Emanuela Negro-Ferrero – enf@innamoratidellacultura.it

La settimana dell’arte contemporanea. Artissima, Paratissima. Torino? Bellissima.

Artissima standUna settimana luccicante. Densa di eventi. Artissima. Paratissima. The Others. Flashback. Torino per la settimana dedicata all’arte contemporanea si è riempita del popolo colorato e sensibile innamorato dell’arte. Contemporanea e non. Di turisti. Di semplici amanti dello struscio. Di curiosi. Di artisti e di giornalisti. Alla conferenza stampa, l’Assessore regionale alla cultura ha spiegato come il Piemonte crede e veste nel sistema dell’arte contemporanea. Un sistema voluto dalle giunte precedenti, comunali e regionali, e che mette in moto una macchina che ovunque, non solo a Torino, produce tonnellate di denaro. E muove le folle. L’Oval è ormai da anni sede istituzionale di Artissima. Personalmente la trovo bella ma fuori mano. E’ vero, c’è la metro. Ma in tempi green perché costringere folle di persone a prendere mezzi e auto? La sorella giovane e un po’ scapigliata di Artissima, Paratissima, nata per prendere in giro la solennità radical e chic della fiera cittadina è uscita l’anno scorso dal “recinto” del quartiere San Salvario e si esprime oggi in tutta la sua creatività divertente negli ampi spazi di Torino Esposizioni. Esattamente il luogo dove io farei stare Artissima. A tiro di passeggiata. Vicino al parco e al fiume. Lasciando i giovani e ribelli dentro agli spazi del quartiere più amato e movidaro della città. Che se non ne aveva abbastanza di due fiere, ha fatto en plein con la notte bianca dedicata alle gallerie. Che cosa ho visitato?

MertzAlberto Peola. In Via della Rocca 29, nel pieno centro cittadino. Mi sono incantata davanti alle opere di Fatma Bucak. Poi ho scelto Biasutti. Con una esposizione incantevole dedicata al Maestro Scanavino. Ho provato strani cappelli piumati in una temporary gallery di fianco a Biasutti. Mi sono spinta fino in Piazza Carignano ad ascoltare le nove sinfonie di Behetoveen allestite dentro ad un appartamento vuoto dall’artista per la galleria Noero. L’ultimo stop della giornata da Daniela Foresto in Piazza Gran Madre ad ammirare i suoi famosi portraits. Bella gente resa ancora più bella dall’obiettivo sapiente della fotografa più amata dai torinesi e, a quanto ho visto, anche da diverse celebrities italiane: Massimo Boldi, Ewa Herzigowa, Isabella Ferrari. E molti altri ancora. Il giorno dopo, stanca ma felice, dopo il passaggio all’irrinunciabile Fondazione Mertz, ho assistito all’apertura del “Terzo Paradiso” con il Maestro Michelangelo Pistoletto.

terzo paradisoSituato davanti al Mastio della Cittadella, il famoso simbolo è composto di pietre squadrate e spicca nel prato verde chiaro circondato da alberi dalle foglie multicolori. Bellissimo. Come la mostra della “Biennale Italia- Cina” che ho avuto modo di visitare dopo aver fatto finta per mesi di non avere tempo da dedicare. Arrivata a sera, mi rimane un senso di leggerezza, quasi di euforia. L’arte muove denaro, muove folle di persone. A me, innamorata della cultura,  muove soprattutto l’anima.

 
Emanuela Negro-Ferrero – enf@innamoratidellacultura.it

“Luci d’Artista” a Torino inaugurano il mese dell’arte contemporanea

la_gran_madre_di_torino_di_notteLe attendevo con ansia. Ogni anno, quando le smontano, per me è un piccolo lutto. Parlo delle “Luci d’Artista”. Opere d’arte luminose create da artisti per abbellire Torino durante le lunghe e fredde notti invernali. Una felice intuizione dell’ex assessore alla cultura della città, Fiorenzo Alfieri, le “luci d’Artista” tornate a brillare ieri sera per il 18° anno consecutivo. La cerimonia di apertura è stata inaugurata dal “défilé” (creato da Torinodanza e dalla Biennale de la Danse di Lione nel 2014) in una nuova versione curata da Elena Rolla, figlia del famoso architetto. Il corteo di ballerini e musicisti – a cui si sono uniti i cittadini e i turisti – si è snodato per le vie della città: in Via Garibaldi troviamo “Lui e l’arte di andare nel bosco” di Luigi Mainolfi. In Piazza San Carlo troviamo un’opera di Nicola De Maria , “Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime” di Nicola De Maria. In Via Pietro Micca e Cernaia “Volo su…” di Felice Casorati e in Via Roma “Planetario” di Carmelo Giammello.
In tutto sono venticinque le luci che si accendono quest’anno, con sei novità, mentre l’opera simbolo è “Migrazione” di Piero Gilardi in Galleria Subalpina.
luci d'artista 2Quali sono le nuove installazioni? In via San Francesco d’Assisi “Il Mito” di Nello Ferrigno, una new entry arrivata da Salerno come anche “Mosaico”, di Enrica Borghi. In piazza Castello, dal lato di via Accademia delle Scienze, si trova un’altra nuova luce, “Mattang Lucente. La rete celeste di Gaia”, prodotta dall’Istituto Nazionale di Astrofisica per l’anno internazionale della Luce e ideata da Ugo Locatelli. Si tratta della ricostruzione luminosa di un antico “mattang” polinesiano, una mappa in bambù dei sistemi di correnti marine e venti, fabbricato dagli isolani per muoversi nell’arcipelago. Sono venticinque le luci che si accendono quest’anno, con sei novità, mentre l’opera simbolo è “Migrazione” di Piero Gilardi in Galleria Subalpina. E’ bello andare in giro per la città e scoprire le opere a mano a mano.

luci d'artista 1La mia preferita, da sempre, “Piccoli spiriti blu” al Monte dei Cappuccini. Una magia azzurra illumina come una corona il santuario rendendo la notte misteriosa e irreale. Dalla prossima settimana la città illuminata si riempirà di arte e di cultura. Giovedì inaugura Artissima. Sabato, ci sarà la consueta notte bianca con tutte le gallerie aperte per uno struscio colto, inusuale e divertente.Torino perde per qualche giorno la sua dignità riservata per diventare una allegra signora un po’ radical e un po’ chic. Quella delle Olimpiadi invernali. Indimenticabile.

Emanuela Negro-Ferrero – enf@innamoratidellacultura.it

Caravaggio e Spalletti. La magia dell’arte

Dopo la piacevole scoperta di Omar Galliani e la splendida mostra dedicata a Ettore Spalletti, ritorno ancora una volta alla GAM perché sarebbe impossibile non farlo.

L’occasione è il Ragazzo morso dal ramarro di Caravaggio. Stupenda come sempre, l’opera del genio arriva direttamente dalla Fondazione Longhi di Firenze per completare il percorso espositivo dedicato a Spalletti. Com’era prevedibile, quello instaurato è un confronto illuminato e illuminante. Da un lato c’è lo spazio ordinato dal colore e dal chiarore di Spalletti, dall’altro una sala in cui l’allestimento raccolto e le luci soffuse enfatizzano la potenza della luce fuori campo che illumina il volto spaventato del giovane protagonista del ritratto.

È incredibile come all’esperienza della quiete e della leggerezza che si vive attraversando l’arte di Spalletti segua immediatamente la tensione interiore e la forza misteriosa trasmessa dal capolavoro di Caravaggio. Sono sensazioni opposte e intense in modo diverso che si completano, senza mai annullarsi.

Andate e meravigliatevi. L’arte ospita la magia dell’arte.

Qui, tutte le informazioni utili.

Da Omar Galliani a Ettore Spalletti. Alla GAM, due mostre imperdibili

Alla GAM, non una ma due mostre davvero imperdibili.

È bellissimo visitare un museo e ritrovarsi rapiti contemporaneamente da due grandi progetti espositivi.

Da un lato, gli spazi dell’Underground Project ospitano “L’opera al nero” di Omar Galliani; dall’altro, si può vivere “Un giorno così bianco così bianco“, la mostra che vede protagonista uno dei grandi maestri dell’arte contemporanea italiana, Ettore Spalletti.
Ettore Spalletti

Il colore e la perfetta leggerezza dell’equilibrio dominano quest’ultima esposizione che non tocca solo Torino, ma anche Roma e Napoli. Per rendere omaggio alla lunga carriera dell’artista, infatti, la GAM, il Madre e il MAXXI hanno deciso di operare insieme e di realizzare un unico grande progetto diviso in tre mostre.

È partito il MAXXI il 13 marzo, esponendo i lavori più recenti e l’installazione site specific, tutta bianca che dà il titolo all’intero progetto.
Ettore Spalletti

È seguita, lo scorso 27 marzo, l’inaugurazione alla GAM, dove viene ricostruita l’atmosfera dello studio dell’artista, il suo rifugio protetto, popolato da oltre venti lavori tra cui spicca “Disegno, mano libera“, un disegno di 8 metri del 1981, presentato in anteprima nazionale a Torino. Devo riconoscere che il tentativo è davvero ben riuscito. Quella ricreata è una dimensione temporale sospesa che lascia le opere libere di fluttuare all’interno di uno spazio ordinato dal colore.

Adesso si attende con ansia il Madre, che raccoglierà circa 40 opere, mostrando l’intero percorso dell’arte di Spalletti dal 1960 ad oggi, anche attraverso opere inedite.

È la prima volta che in Italia si genera questo tipo di soladizio tra musei ed è un evidente e coraggioso segnale di forza e cooperazione, uno stimolo per l’arte e la cultura che respirano e si rafforzano.
Omar Galliani - GamPer questo motivo v’invito ad andare a vedere la mostra e a cogliere l’occasione anche per scoprire l’opera di Galliani, che fa riferimento all’importante patrimonio grafico del museo (comprensivo di circa 30.000 opere) e che si distingue per la sua imponenza, per la sua profondità, per l’iconografia simbolica e per la tecnica magistrale.

L’esposizione copre un arco temporale che parte dalle prime opere della metà degli anni Settanta e arriva fino ad oggi, per ripercorrere l’intera vicenda artistica di Galliani.

Molto belle le opere inedite, notevole e tempestato di fedi d’oro è “Paesaggio dei miei veleni (D’après Fontanesi)“, lavoro realizzato dall’artista ispirandosi a “Paesaggio con alberi e ruscello” del 1985 di Antonio Fontanesi.
Omar Galliani - GAMEntrambe le mostre danno vita a due racconti di bellezza, uno di colore scuro, l’altro così chiaro. Uno viaggia nel disegno, l’altro nel colore e nella pittura. L’incanto e la materia toccano entrambi. Il tempo è un’ossessione divorata dall’arte.

Ah, quasi dimenticavo. A breve, la GAM ci riserverà un’altra sorpresa, affiancando alle opere di Spalletti il “Ragazzo morso dal ramarro” di Caravaggio. Un bel confronto, illuminato e illuminante, che non vedo l’ora di godermi…

Made in Italy. La Cina è vicina. Anzi, la Cina siamo noi.

Pillole d’arte

Strepitosa inaugurazione da Interno Cortile di Silvia Tardy.

L’installazione “made in Italy” di Luca Razzano, curata da Diego Bionda, mi ha colpito dritto al cuore. Lo spazio di Interno Cortile, bellissimo, raccolto in mezzo ai caseggiati , era stracolmo di persone. Ma, soprattutto, di duemila bambole realizzate con sacchi di juta. Le bambole, rappresentazione di noi esseri umani, crescono e crescono dappertutto, sul pavimento, sui muri, quasi a voler esplodere dalle vetrine di plexiglas appese lungo le pareti della galleria.

Made in Italy

 

In fondo, in alto, la scritta “made in Italy” in cinese. Perché in cinese? Perché i cinesi siamo noi. L’avidità dei produttori italiani, mai sazi di guadagnare, ha trasferito gran parte del Made in Italy in Cina. Costo del lavoro e di produzione inferiori, tutele e controlli quasi inesistenti hanno spinto gli imprenditori nostrani verso una delocalizzazione selvaggia.

Made in Italy

Il risultato è sotto agli occhi.  Bambole, uomini anzi, risorse umane calpestate, intrappolate. In tutti i casi, disumanizzate. Perché questo è quello che c’è oggi nell’ambiente di lavoro italiano. Il lavoro è andato in Cina e i cinesi siamo noi. Migliaia di persone, di giovani, vedono soffocate le loro speranze, i loro sogni, dall’avanzata inesorabile della crisi economica. Incarichi in chiamata, impieghi in affitto, una finta flessibilità più simile al caporalato che non alla libera circolazione delle risorse. Leggo sulla cartella stampa che Luca Razzano, attraverso il programma Human Resources, vuole riportare l’attenzione su concetti quali risorsa in termini di bene prezioso e umano, valore identitario e personale, che collide completamente con l’indifferenziazione progressiva del lavoro fino al punto zero attuale, l’asticella sotto cui non si può scendere.

Oggi, chi si avvicina al mondo del lavoro si piega a regole di mercato inimmaginabili fino a qualche decennio fa, frutto di un liberismo economico applicato, anzi, distorto, da governi guidati unicamente dalla logica del profitto. L’head hunter attuale è più simile al cacciatore di schiavi di coloniale memoria che al responsabile preposto al collocamento di profili altamente qualificati. Sono uscita pensierosa. Ho due figlie. Si affacciano su un mondo complicato, difficile.

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Internocortile. Temporary Exhibitions for the Best of Italian Fashion Design

Il Sillabario di Gribaudo presentato da Vittorio Sgarbi al Circolo dei Lettori

Alfabeto d’artista

Il Salone del Libro non è solo una magnifica esposizione, ma anche una vasta serie di eventi collaterali sparpagliati per tutta la città. Torno a parlarne perché lo scorso lunedì sera, al Circolo dei Lettori, Vittorio Sgarbi ha presentato Il Sillabario. Ezio Gribaudo dalla A alla Z, opera prima della giornalista chivassese Marina Rota.

L’edizione appartiene alla collana “I librini” ed è curata dalla figlia del Maestro Gribaudo, Paola, la quale, oltre a saper fare libri eccellenti, è anche stata nominata Cavaliere delle Arti e delle Lettere da François Mitterand. (Ma questa, secondo buona consuetudine torinese, è un’informazione destinata a pochi eletti). A Torino infatti, chi occupa posti di rilievo nella Cultura, solitamente di Cultura ne sa poco o nulla e, al massimo, è un buon organizzatore…

Vittorio Sgarbi è un grande amico di Gribaudo da sempre e la presentazione del libro, che racconta in ordine alfabetico le creazioni, i viaggi e gli incontri del noto pittore, si è svolta in un clima di grande affetto ed amicizia. Sgarbi, che ha curato la prefazione del volume, ha messo da parte delicatamente l’autrice e si è dedicato alla lettura delle voci corrispondenti alle lettere con grande garbo ed ironia. Sembrava proprio uno Sgarbi d’altri tempi…

Che dire? Ezio Gribaudo, protagonista della scena culturale del 1900 e creatore dei “logogrifi”, dei “dinosauri”, dei “teatri della memoria”, è un pittore piemontese di quelli che non ne esistono più… Ma oltre che pittore è anche un grande comunicatore.

Da sempre – e io ho il piacere di conoscerlo da quando ero bambina – ha capito che il lavoro e la bravura da soli non bastano. Il successo e la notorietà sono frutto di moltissimi fattori, prima fra tutti la capacità di comunicare ciò che si fa a chi abbiamo deciso essere il nostro pubblico. Questo principio vale per qualsiasi prodotto e per qualsiasi mercato. Alla base di questa capacità di relazionarsi con il mondo mi sembra di intuire la presenza di un grande amore per se stessi e per gli altri. Una forma di generosità nel dare prima ancora che nel prendere. Un esempio? La generosità affettuosa di Sgarbi nel presentare il volume, affiancato dalla brillante autrice.

 

 

Il genio di Daniel Libeskind in mostra.

Never Say the Eye is Rigid

Inaugurazione in grande stile alla Ermanno Tedeschi Gallery per i disegni di Daniel Libeskind. Lo scorso giovedì 16 maggio, la galleria straripava di persone. C’erano tutti: quelli che contano, quelli che non contano e quelli che semplicemente vogliono esserci. Quelli che guardano e quelli che come me ammirano.

La galleria di Ermanno è piccola, ma la location è davvero strepitosa. Sull’angolo della strada ha grandi vetrine che si affacciano come grandi occhi sul marciapiede. All’interno una folla straripante di persone, perché di Libeskind ce n’è uno solo e i suoi disegni sono proprio quelli.

“L’atto fisico di disegnare con una mano  è una parte importantissima del processo architettonico. Un architetto ha bisogno di sapere come disegnare, senza una connessione tra occhio, mano e mente, il disegno dell’edificio perderebbe l’anima umana che lo caratterizza e diventerebbe esercizio astratto. Sostengo inoltre che solo disegnando, gli architetti raggiungono i cosiddetti momenti Proustiani, quegli istanti in cui accidentalmente inciampano in pietre della mente, innescando ricordi che magicamente sbloccano quelle visioni che conducono alla vera arte.”

Con un po’ di fatica sono riuscita a fendere la folla e a guardare. Si tratta di progetti disegnati da un architetto (avendone sposato uno, l’esposizione non mi ha sorpreso affatto). Quello che invece mi ha sorpreso è stata la straordinarietà dei progetti disegnati che, da Ground Zero alla nuova Fiera di Milano, mettono in mostra la vasta gamma di stili e tecniche adottate, l’attenzione per l’estetica, l’architettura che va oltre l’architettura, l’arte.

E intanto, lui era lì, piccolo di statura e con un viso simpatico, allegro. In compagnia della moglie. Persone normali, eppure straordinarie. Arrivavano dal Salone del Libro, accolti anche lì da una folla straripante. A dimostrazione che la Cultura piace, muove le persone. Come ha detto il Sindaco Fassino nel suo breve discorso  “la Cultura ha una ricaduta virtuosa sul territorio, muove il turismo”. Bene. Ce ne siamo accorti, finalmente.

 

L’arte è jazz & groove

La seguo da un po’ e quest’anno, Ars Captiva, giunta alla sua quarta edizione, si è aperta verso una nuova prospettiva…

Ha lasciato la storica sede delle Ex Carceri Nuove di Torino, per cogliere l’opportunità offerta dal Torino Jazz Festival di creare un nesso tra giovane arte e musica.

L’edizione 2013 presenta così una serie di opere ed eventi di diversa concezione, tutti ispirati alla tematica GROOVE, cioè all’humus originario della musica nera che costituisce il nucleo ritmico e dinamico dell’improvvisazione. Ne sono scaturiti video, installazioni, sonorizzazioni d’ambiente, performance a carattere acustico / teatrale / coreografico, tutti realizzati a conclusione di un percorso formativo originale, e strettamente collegati agli spazi aulici del Museo Regionale di Scienze Naturali che accolgono questa edizione.

Qui il video della mostra, filmata durante il work in progress:

ARS CAPTIVA GROOVE, che ha aperto domenica 21 aprile, insieme alla mostra JAZZ DE J À ZZ con protagonista Guy Le Querrec e i suoi magnifici scatti jazz, è stata accompagnata fino ad ora da una serie di interessanti eventi collaterali.

Tra questi, ho avuto la fortuna di assistere ad una lezione/performance di Peader Kirk, Direttore Artistico di MKUKTRA performance group (UK) e di F2 Performance Unit (Grecia). Titolo:  “Memory Machine“, una macchina della memoria umana. Cosa è successo? C’è una persona seduta che racconta al pubblico un suo ricordo. I ragazzi seduti dietro di lui ascoltano il ricordo e lo raccontano ad altre persone che poi lo raccontano ad altre persone che lo raccontano ad altre ancora. E la memoria non si perde. (Un pò come facevano i i bardi secoli fa).

Devo dire che è stato davvero strano partecipare. Qui alcune foto della performance:

ARS CAPTIVA è un progetto del Comitato Creo, che ha come finalità lo sviluppo di pratiche artistiche contemporanee da parte degli istituti di formazione artistica del territorio torinese. Fondata da Accademia Albertina, Primo Liceo Artistico, Liceo Cottini, Liceo Passoni, Istituto Grafico Steiner, ha dato vita a tre rassegne biennali a partire dal 2007, in collaborazione con altri istituti artistici del territorio regionale, in particolare quelli di Asti, Biella, Caluso, Cuneo, Pinerolo.

Vorrei cogliere l’occasione anche per segnalare la mostra dedicata a Guy Le Querrec che, ospitata per la prima volta in Italia sempre al Museo Regionale di Scienze Naturali, propone una cinquantina di scatti del celebre fotografo della Magnum.

Perché “Jazz de J à ZZ” racconta attraverso la fotografia alcuni dei più grandi musicisti del secolo scorso: da Thelonious Monk, Miles Davis, Ray Charles, Phil Woods, Sun Ra, Dizzie Gillespie, Nina Simone, Ben Webster, Herbie Hancock a Dexter Gordon e tanti altri. Meravigliose, immediate, fumose…

Ecco un video della mostra, curata da Lorenza Bravetta, Alessandro Giorgio, Andrea Holzherr e Toni Lama:

 

Felice Pasqua!

(Ph by Geof Kern)

E si vola…

Auguri a tutti di buona Pasqua!