Come contributor per la rivista online “Crowdfunding Beat” mi capita di leggere articoli interessanti sul crowdfunding. Istruttivi e con contenuti molto avanzati rispetto a quanto accade oggi nel nostro paese. In particolare , mi sento attratta dalla visione estera del crowdfunding perché rivela un mercato che qui in Italia non riusciamo nemmeno a immaginare. Siamo ancora fermi a dire che il “crowdfunding non funziona”. Davvero? Eppure solo da noi in Italia non funziona. Certo, se ne parla molto si organizzano trasmissioni televisive e radiofoniche per raccontare casi di successo e startup innovative. Riviste autorevoli elencano le piattaforme italiane con orgoglio (e in molti casi senza sapere nemmeno lontanamente di che cosa stanno parlando). Ma sono certa di non fornire dati errati quando dico che il crowdfunding in Italia funzionicchia. Viene spontaneo farsi qualche domanda. Analizzare a fondo i dati a disposizione. Certo, il mercato italiano è piccolo. In Francia e Spagna le piattaforme vanno forte. Quindi? E’ colpa del digital divide che ci affligge? Della mentalità degli italiani che non vogliono cambiare prospettiva? Il caso Uber è emblematico di un paese in mano alle corporazioni e incapace di cogliere che la sharing economy è un salvagente da non sottovalutare. Che cos’è il crowdfunding quindi? Come funziona? Dove sta andando?
Leggendo una ricerca- interessante- portata avanti negli USA da CrowdCaucus, società di ricerca sul crowdfunding e le fonti alternative di finanziamento mi trovo d’accordo sul fatto che questo comparto (che ha visto la luce una ventina di anni fa ma sta ancora crescendo) offre uno spazio di evoluzione ampissimo. Ogni giorno in moltissimi paesi del mondo viene lanciata una nuova piattaforma. Contrariamente a quanto accade per il mondo bancario, nel crowdfunding mancano le regole stabilite e uguali per tutti. Cosa succederà fra quattro, cinque anni? Nel 2020 quindi? In questo ultimi cinque anni, la finanza ha preso l’alta velocità. Gli scambi e le negoziazioni sono state sostituite dal trading online. Le società finanziarie spendono più per la comunicazione virale e capillare sui social che per sedi prestigiose e servizi. La formazione avviene principalmente online e il contatto personale è ridotto al minimo indispensabile. Ci sono nuove forme per finanziare le piccole e medie imprese e le banche stanno cedendo il posto a nuove forme di pagamento, finanziamento, transazione, elaborazione. È difficile prevedere il futuro, i dati da analizzare sono moltissimi e tutti diversi fra di loro. Ognuna di questi porta da qualche parte. Nel crowdfunding il potere è sicuramente in mano alle persone. Senza dubbio è importante valutare il ruolo che la tecnologia ricopre nei confronti del comportamento umano quando si tratta di investimento. Che cosa è allora che nel crowdfunding genera “valore? L’ampliamento del valore economico? La creazione di valore d’impresa? L’aumento del valore sociale per la costruzione di reti immense di rapporti? Non si sa. Può darsi allora che negli anni a venire assisteremo a storie di successo eccellente oppure a un completo crash. Mi chiedo se, questo nuovo modo di finanziare porterà denaro in aree del mondo dove oggi di denaro non ce n’è. Il web arriva ovunque. E’ obliquo e trasversale. Chissà se questo sistema collettivo non porterà a una condivisione mondiale del benessere. I futuri possibili sono centinaia e tutti ugualmente interessanti. I rapporti come quelli portati avanti da “CrowdCaucus” e altre importanti realtà americane hanno come scopo quello di costruire una rappresentazione collaborativa di “futuri possibili” raccogliendo le opinioni da operatori del settore, leader di pensiero, dirigenti di servizi finanziari, membri normativi e legislativi, università, utenti, investitori e clienti. o qualcosa di molto diverso. Ci si augura di riuscire a stimolare un dialogo costante verificando come queste nuove regole possono essere applicate a una pratica vecchia (la finanza) .
Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it