Gennaio 2017. L’anno inizia con un’ottima notizia per la cultura italiana. Le due principali Regge italiane sono saltate in testa alle classifiche per numero di visitatori. Mi riferisco alla Reggia di Caserta e a quella di Venaria Reale. Una al Nord e l’altra al Sud. Entrambe meravigliose ed in grado di offrire esperienze culturali ed emozionali indimenticabili. Davvero una nota positiva in mezzo a un mare di guerra e di disperazione.
I siti culturali durante le vacanze di Natale sono stati letteralmente presi d’assalto dai turisti e questo non può che far piacere. Perché conferma quello che ormai in molti ripetono da tempo e cioè che “con la cultura si mangia”. Questa espressione, che non è delle più felici, è supportata da solidi dati che dimostrano che la cultura in Italia è in grado di creare posti di lavoro. Che si tratti di una mostra, di uno spettacolo oppure di un museo o di un bene artistico, sempre più persone scelgono di dedicare i loro momenti liberi a fruire dell’offerta. Il turismo straniero ama da sempre visitare le nostre città d’arte. Il classico giro Napoli, Roma, Bologna, Venezia, Milano oggi è arricchito dal turismo culturale minore. Quello dei luoghi ancora incontaminati, dei paesaggi mozzafiato, delle tradizioni culinarie secolari e ancora artigianali.
La cultura in Italia produce un indotto lavorativo con ricadute sul territorio circostante di milioni di euro. Il rapporto Federculture 2015 attestava una produzione di valore pari al 5.7 del pil. Più del comparto metalmeccanico, per esempio. E in un modo molto più bello e sostenibile. Ma, perché l’Italia alle prese con lo spread e il punitivo rigore germanico non inizia a sfruttare questa risorsa? La cultura è un asset e utilizzarla per uscire da questa crisi che ci attanaglia da anche troppi anni renderebbe giustizia ad un paese che, tramontata la fase industriale, può puntare su tutto quello che gli stranieri ammirano e desiderano. Esiste l’offerta, esiste la domanda: che cosa stiamo aspettando?
Seguendo questo punto di vista, considero che anche la cultura è un’industria e, per logica, come tale si merita un piano industriale. A onore del vero nel 2016 il Ministero dei Beni Culturali ha fatto moltissimi passi avanti. L’Art Bonus ideato da Dario Franceschini – e che a noi continua a non piacere per la sua asetticità – , ad ogni buon modo a giugno del 2016 aveva superato i 100 milioni di raccolta consentendo diversi interventi di recupero ed il sostegno di importanti enti culturali come la Scala di Milano e l’Arena di Verona. Ma ancora non basta. Perché l’Italia non è la Francia, non è la Spagna e nemmeno la Germania. Il nostro patrimonio artistico e architettonico è unico al mondo e, soprattutto, diffuso su tutto il territorio. L’effetto, ipoteticamente visto dal cielo è quello di un “museo a cielo aperto “ che, ci ripetiamo, se solo venisse valorizzato, potrebbe creare posti di lavoro per moltissime persone.
E il crowdfunding? Dove si può collocare questo strumento di finanziamento alternativo? E perché le realtà culturali italiane lo usano così poco? Credo che i fattori siano molti. In primis, la confusione che ancora regna in Italia su questo argomento. Secondariamente, la paura di affrontare una attività si redditizia ma percepita come “faticosa” in termini di impegno, tempo e competenze.
Eppure il Museo del Louvre ha scelto di promuovere campagne di crowdfunding invece che sostenere semplici azioni di raccolta fondi? La risposta è tutta in una sola parola: “comunità”. Una campagna di crowdfunding, gestita con i tempi e i modi corretti, garantisce risultati in termini di nuova affiliazione, fidelizzazione, fiducia e, infine denaro. Ma non solo. In termini semplici, comunicare con il digitale allarga il raggio delle informazioni e consente di realizzare campagne di comunicazione e branding a costi veramente bassi. I dati parlano chiaro. Venaria ha registrato 28.000 ingressi nel periodo natalizio http://www.zipnews.it/2016/12/reggia-di-venaria-boom-di-turisti-nel-ponte-dellimmacolata/ , Caserta nel 2016 ha registrato 650.000 visitatori http://www.lastampadelmezzogiorno.it/salute-e-benessere-specializzata-2/23894-caserta-reggia-boom-turisti-2016.html .
Cosa succederebbe se ad ognuno dei visitatori venisse chiesto di contribuire a una campagna di crowdfunding, al momento dell’uscita? Si potrebbe migliorare il bilancio? Restaurare uno dei tanti meravigliosi pezzi che questi palazzi hanno sempre in conto di fare? Conservare quello che già c’è? Costruire una comunità di #innamoratidellacultura che da oggi in poi possono fare parte del progetto? Bei problemi…
Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it