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La piattaforma di crowdfunding dedicata alla cultura italiana

Lezione di Crowdfunding n°7. Come creare una campagna di successo.

Il crowdfunding sta trasformando il mondo in un posto più collaborativo:  persone aiutano altre persone a realizzare i propri progetti e a condividerli con gli amici e con la comunità. Negli Stati Uniti si parla  di una vera e propria rivoluzione sociale. In Europa ci sono paesi dove va benissimo (come il Regno Unito) e altri dove sta partendo molto bene. E in Italia? Potrei citare dei dati. Ce ne sono molti e tutti confortanti, ma non riportano quello che verifico ogni giorno sul campo. Perché noi italiani siamo, nel bene e nel male, diversi. Ci piace tanto l’idea del crowdfunding perché è bella, etica, unisce i cuori e le menti, ma non abbiamo capito molto bene di che cosa si tratta. Gira infatti una strana storia che racconta che per avere i soldi basta pubblicare il proprio progetto su una piattaforma che va scelta con attenzione, perché più è famosa e più ti arriva. Certo, i miracoli avvengono. Se la tua idea è così interessante, coinvolgente, mirabolante, può accadere che la folla ti sostenga in maniera virale. Uno su mille ce la fa. Tutti gli altri invece devono pianificare una campagna di raccolta e metterla in atto attraverso delle azioni. Perché la piattaforma offre un servizio e gratis offre la pubblicazione. Dietro, una fee  si occupa delle transazioni e di veicolare tutti i progetti attraverso i vari canali. Ma non è una bacchetta magica e funziona se ognuno fa la sua parte. Faccio un esempio. Se la piattaforma twitta e pubblica notizie su un progetto, anche il Creatore del progetto deve twittare e pubblicare. Solo così si crea l’effetto virale sulla folla, altrimenti è come parlare ad un sordo o urlare nel vuoto.

Ho pensato così di scrivere una breve guida che i Creatori possono seguire passo passo per realizzare una campagna di crowdfunding  di successo. Ci sono tutti gli ingredienti e ho segnato i vari step da raggiungere man mano che si procede con il lavoro.

1. UN BEL TITOLO E SEI GIA A METÀ DELL’OPERA

La prima impressione sul tuo progetto è determinata dal titolo che hai scelto. Un po’ come l’articolo di un giornale: se il titolo è forte, la notizia viene letta. Come deve essere il titolo? Creativo, divertente, intrigante e, soprattutto, deve far capire a chi lo legge che si tratta di una campagna di raccolta fondi. Ricordati che il crowdfunding si fa principalmente sul web. Il titolo deve essere rintracciabile e il link condivisibile sui social network. Niente cose piatte e richieste dirette. Sii fantasioso e vedrai che le persone arrivano.

2. YES, STORYTELLING

Raccontare la tua idea è fondamentale. Devi farlo in modo onesto, semplice e chiaro. Le tre domande fondamentali – chi, che cosa, perché – devono spiccare già dalle prime righe. La richiesta di aiuto va espressa con sincerità e i vantaggi che il donatore ne ricava esaltati.  Ma non basta. La tua storia deve continuare durante tutta la campagna. Scrivi ai tuoi fan, chiedi loro di condividere quando donano e di coinvolgere i loro amici, come se fosse una bella festa da fare tutti insieme!

3. LA TUA STORIA PER IMMAGINI

Scatta foto. Tante, tantissime. Condividele e commentale. All’interno della piattaforma hai uno spazio sulla tua pagina dedicata in cui puoi inserire commenti, anzi, devi inserire i commenti. Racconta come sta andando, i successi, gli insuccessi, quello che fai e se sei felice. Sfrutta i social. Devi creare una comunità di entusiasti sostenitori. Ti hanno supportato e devi renderli partecipi e farli partecipare. Come puoi fare? Falli ridere. Le persone condividono ciò che li fa divertire e ciò con cui sono d’accordo.

4. CREA SUPER RICOMPENSE

Do ut des. Le persone sono felici di donare e altrettanto felici di avere in cambio delle belle ricompense. Spremi bene le meningi. Non devono essere costose e se decidi di spedirle fai bene i tuoi conti. Non ha senso chiedere 10 e spenderne due di spedizione, ma se sei generoso e usi il cuore, in molti casi una lettera personalizzata di ringraziamento o un grazie pubblicato sui social è già un bel modo per creare una connessione.

5. MAMME, NONNE, ZIE E AMICI CARI

Le prime donazioni chiedile ai tuoi amici, parenti e conoscenti. Loro ti amano e sono felici di sostenerti. Non hanno soldi da dare? Allora, chiedi di aiutarti a diffondere la tua campagna. Più siete e più ottenete.

6. SUPERATTIVO SUI SOCIAL MEDIA

Puoi avere il progetto migliore del mondo, ma se non sei attivo sui social media nessuno lo viene a sapere. La piattaforma ottimizza il risultato, ma se i progetti pubblicati sono molti, non è facile farsi sostenere. Chi fa da sé fa per tre. Cura i contenuti e, se non sei capace o non ti va o non hai tempo, chiedi il supporto di un crowdfunding manager. Il gioco vale certamente la candela.

7. CREA UNA COMUNITÀ DI SOSTENITORI SU FACEBOOK

Hai una pagina Facebook? Usala e attivala per costruire una comunità di innamorati del tuo progetto pronti a donare, condividere e commentare. Il tuo profilo deve essere vivo, vitale, coinvolgente e divertente. Devi tenere alta l’attenzione della comunità, pubblicando molto e invitandola a partecipare. Come? Pubblicando storie che narrano del tuo progetto almeno tre volte a settimana. Perché chi ti ha donato il denaro deve sapere come sta andando e che la sua donazione per te sta veramente facendo la differenza.

8. UFFICIO STAMPA? SÌ

È un dato noto che chi esce sui giornali e sui media (radio e televisione) raccoglie il 30% in più rispetto a chi della sua campagna non fa notizia. Non hai un ufficio stampa? Puoi usare il nostro, perché il tuo risultato è il nostro risultato e più si parla di te e del tuo progetto, più persone possono donare.

9. GRAZIE A TUTTI 

Ringraziare, ringraziare, ringraziare. Pubblicamente, personalmente. Chi ti sostiene deve essere ringraziato. Come farlo sta a te. L’importante è che le persone non si sentano dei bancomat.

☛ Scopri il Crowdfunding di Innamorati della Cultura.

Lezione di Crowdfunding n° 6. Le APP aiutano a raccogliere e migliorano i risultati.

Dal grande mercato americano arriva uno strumento interessante per il crowdfunding.  Se fino a ieri  sviluppatori e programmatori si mettevano alla ricerca di fondi per le  loro app sui grandi portali, ora sono i grandi portali che mettono le app a disposizione del crowdfunding.

La notizia è recente: il portale Indiegogo ha messo sul mercato la sua app per il crowdfunding . Il Canada è stato il primo paese a ricevere l’app e  da lì andrà anche in altri paesi e ci sarà subito una versione francese. Questa app non è certo la prima ad essere lanciata. Kickstarter Crowdtilt offrono da tempo questo servizio…

Ma a cosa servono queste app? Principalmente a gestire e tracciare. I creatori di campagne, dotati della giusta app per il crowdfunding, possono infatti tracciare e gestire al meglio la loro campagna personale. Combinate con la tecnologia smartphone, inoltre, permettono un controllo e un aggiornamento più semplici. Possono connettere gli utilizzatori con le campagne locali, gli eventi, le promozioni. Possono anche completare altri strumenti di comunicazione come i social media. Indiegogo afferma che la sua app rende il sito web più accessibile dai telefoni e dai tablet. Questo favorisce sia i creatori che i donatori. E noi? Ci stiamo pensando. Innamorati della Cultura è ancora piccolo, ma cresce in fretta. Da bravo enfant prodige ha tutte le intenzioni di stupire.

Redazione – www.innamoratidellacultura.it

Consigli per le visioni – “Yuri, l’uomo più lento del mondo.”

☛ Venerdì 11 Luglio, ore 21.00.
☛ SAVE THE DATE!

Perché al Borgo Medievale Torino vi aspetta la proiezione di un film molto speciale. Innamorati della Cultura presenta “Yuri, l’uomo più lento del mondo“, opera del regista Alessio Fava, prodotta da Max Chicco.

Ma chi è Yuri? Beh, Yuri di cognome fa Esposito ed è un giovane uomo affetto da una patologia sconosciuta che rende i suoi movimenti lenti. Tutto il suo mondo è lento. I pensieri, le parole, i gesti sono lenti. Yuri ha una moglie che lo ama, riamata, e moltissimi amici. Yuri sta per diventare padre. La paura di non farcela a reggere questa responsabilità lo porta a provare una nuova terapia sperimentale che lo trasformerà. In meglio? In peggio?

Dopo gli applausi alla 70° Mostra del Cinema di Venezia e la successiva presentazione anche ai Festival di Torino  e Stoccolma, oggi il film vuole approdare anche nelle sale e per farlo ha scelto il crowdfunding.

“Il mio grande desiderio” – sostiene il regista – “è che questo film possa uscire nei cinema e che possa condividere con il pubblico questa storia semplice dalle molte sfaccettature e dai molti significati: ognuno di noi potrà riconoscersi, ridere o piangere. Yuri Esposito è come me e come voi.”

Su Innamorati della Cultura potrete scoprire tutti i dettagli riguardanti il progetto, che ha già raggiunto oltre 4.000 euro sugli 8.500 di obiettivo. Questo, grazie a tanti innamorati. Avanti tutta e viva la Cultura!

Ecco un’anteprima di questa magica favola da non perdere:

Se accettassimo un diverso ritmo del tempo, cosa accadrebbe alle nostre vite? Se volete una risposta, venite a cercarla domani. Quasi sicuramente, la troverete.

PS. La proiezione è gratuita e aperta a tutti gli innamorati della Cultura e ai loro numerosi amici.

Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it

Arte e Resilienza. A Torino una mostra curata da Luciana Littizzetto e Caterina Fossati

L’arte che guarda al futuro… con ottimismo

 Finalmente una mostra che non fa dell’autodistruzione e dell’autoreferenzialità i suoi punti di forza. Succede a  Palazzo Saluzzo Paesana che, fino al 19 settembre, ospita “Resilienze 2.0“, un progetto espositivo a cura di Luciana Littizzetto e Caterina Fossati.

“Da quello che si legge, si vede, si ascolta in giro, c’è un generale senso di non futuro. Anzi. Non si tratta neanche più di senso ma di profonda convinzione che nulla possa veramente cambiare. Che il passato è stato, il presente non soddisfa e il futuro latita. Questo si respira anche nel mondo dell’arte dove pochi sono i segnali di modernità e di ricerca e molti quelli di stasi. Le opere “Stanno” come in un lunghissimo fermo immagine. Quasi che non ci fosse più voglia e soprattutto tempo per inventare, cambiare, rinnovare, essere di nuovo.”

Resilienze 2.0

Partendo da questa ‘condizione’, le due curatrici hanno invitato 10 artisti, italiani e internazionali, a declinare il concetto di resilienza, intesa come capacità di reagire all’usura del tempo e della crisi, di affrontare e superare le avversità, di tenersi in equilibrio nonostante tutto.

Resilienze 2.0

L’arte è stata così chiamata a indagare la possibilità, a declinare di nuovo una qualche forma di futuro. Perché il domani c’è. Tocca solo esercitare di nuovo gli occhi a vederlo. La risposta è stata immediata, plurale e poco scontata. Ogni artista ha indicato in modo personalissimo la propria direzione. C’è chi l’ha fatto con il colore,(Mizokami Kazumasa), chi con l’ironia (The Bounty Killart), chi con la leggerezza della sospensione (Valerio Berruti) e chi con la provocazione (Nicus Lucà).

Resilienze 2.0

Andate a dare un’occhiata e leggete la vostra visione. Vi lascio con un invito a visitare questa mostra e con una riflessione: “I problemi non si risolvono: si superano. Questo è il segreto. Provare a scavalcare il presente e ridare un senso al futuro.”

Redazione – www.innamoratidellacultura.it

Nicus Lucà - L'IGNORANZA

 

Facebook fa gli esperimenti sugli utenti: eticamente scorretto?

Come si fa a monitorare gli stati emotivi della rete? Lo sanno bene gli esperti di marketing quando parlano del contenuto. La maggior parte dei responsabili marketing quest’anno pensa di investire almeno il 57% in più sui contenuti.

È una notizia di questi giorni quella secondo cui Facebook sta conducendo esperimenti segreti per provare ad alterare lo stato emotivo di circa 700.000 utilizzatori. Lo fa manipolando la proporzione di post dal contenuto positivo o negativo, infilati con perizia all’interno del flusso di informazioni.

Adam Kramer è uno degli studiosi di data incaricato da Facebook, inventore della ricerca intitolata in modo un po’ sinistro “Prova sperimentale di contagio emozionale di massa realizzato attraverso i social network”. È lo stesso Kramer che la scorsa domenica ha pubblicato sulle pagine di FB scuse del tipo “i miei coautori ed io siamo molto dispiaciuti per come i giornali hanno descritto la nostra ricerca e per l’ansia che ha provocato. Peraltro i benefici della ricerca non giustificano quest’ansia”. Bene, bravo. In effetti non ci si deve preoccupare se dallo stesso FB vengono inseriti contenuti che mirano a modificare in modo subliminale il nostro comportamento.

Dobbiamo essere felici? Leggo sul Guardian che un membro del parlamento inglese ha detto che “questa materia è molto interessante ma non esiste una legislazione al riguardo per proteggere le persone… se le persone possono essere manipolate mentalmente in questo modo ci deve essere anche un modo per proteggere e questo modo deve essere reso noto”.

La mia domanda personale, visto che non guardo video di animali e di altro genere perché non ho tempo, è la seguente: è veramente possibile postare contenuti che inducono una variazione nel comportamento?. Poi, mi chiedo: è possibile davvero far diventare le persone più amanti dei gatti o dei  cani? Più amorevoli o più arrabbiate? Ecco, quest’ultima versione non mi piace per niente. Mi viene in mente un famoso movimento politico italiano cresciuto a dismisura nel consenso grazie alla rete. Andrò a guardare i contenuti con attenzione e mentre ci sono, smetto subito di leggere i post su FB. Casomai…

Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it

L’Agenda Digitale al Digital Festival di Torino. Quattro parole non bastano.

Lo scorso 31 maggio, presso lo Spazio Mostre Regione (Torino), Federmanager Minerva, rappresentata dalle socie Emanuela Negro-Ferrero e Giovanna Guercio, ha condotto un intervento a tema dal titolo “Agenda Digitale” e “Digital Gender Divide” nell’ambito dell’evento dedicato ai Media 2.0 dei Digital Food Days. (Qui, la presentazione)

Da un po’ di tempo a questa parte si parla di Agenda Digitale: certo, molti passi sono stati fatti, ma come stanno procedendo le cose? Lo speech al Digital Festival è stata l’occasione perfetta per spiegare ad una platea affollata di addetti e curiosi che cos’è l’Agenda Digitale e perché è fondamentale per il progresso del nostro paese.

Emanuela Negro-Ferrero, in qualità di referente federale per l’Agenda Digitale, si è occupata della stesura di quella parte del documento dedicata al “digital gender divide” (che in italiano si può tradurre  come differenza digitale di genere) e la relazione che ne è venuta fuori, grazie anche al ricco contributo della dr.ssa Guercio, è stata di sicuro interesse.

Come tutti sappiamo, il Programma Nazionale per la cultura digitale è entrato nella fase cruciale del coordinamento delle iniziative di sviluppo sul territorio. Dopo la presentazione ufficiale delle Linee Guida ad aprile, ora l’obiettivo è quello di portare l’Italia a raggiungere la media europea per le competenze digitali entro due anni  e a far parte del gruppo dei “leader” entro cinque. Ma l’Italia è indietro. Il cambiamento, perché possa realizzarsi veramente, passa attraverso l’acquisizione di una consapevolezza digitale. Questo passaggio è fondamentale perché la nostra crescita economica e sociale dipende proprio da quanto saremo capaci di cambiare il modo di pensare e di agire. La società globale non è qualche cosa che si può evitare, bensì rappresenta il modo per migliorare e crescere. Questa opportunità deve fare i conti prima di tutto con le persone. Intere fasce di popolazione, e qui arriviamo al digital divide, rischiano di restare tagliate fuori da questo progresso inarrestabile.

Emanuela Negro-Ferrero ha parlato di diversamente abili, donne e immigrati. Categorie di persone che, quasi sempre per questioni economiche, oggi hanno difficoltà di accesso agli strumenti e ai servizi digitali e rischiano di restare tagliate fuori. Basta pensare alle donne anziane. O più semplicemente alle casalinghe. Donne che non accedono alla rete. Che magari non hanno nemmeno un pc. Come fare? Cosa fare? La digitalizzazione non è una componente irrilevante. È un’ambizione necessaria. Qui, come ha evidenziato Guercio, l’impegno per i manager è totale. Le Linee Guida aprono alla realizzazione di un piano di iniziative coordinato che, in questo momento, sono un cantiere aperto che vede uno sviluppo coerente multistakeholder sui territori e con le Regioni. Il risultato che ci si aspetta deve essere profondo e capillare e penetrare in tutti gli aspetti della vita, della società, dell’economia, dell’istruzione e dell’informazione. Utilizzando quindi strumenti che la massa la raggiungono. Come il web, la televisione. Introducendo iniziative per la scuola (come Il Piano Nazionale Scuola Digitale). Tutti aspetti che arrivano a toccare le donne e le altre categorie svantaggiate. Perché il progresso non diventi segregazione.

Dove si possono trovare informazioni utili sull’Agenda Digitale? La nuova sezione del sito Federmanager dedicata all’argomento viene arricchita settimanalmente e i contenuti rispondono alle domande sui diversi argomenti (qui, il link all’Agenda Digitale). È possibile commentare, gradita la condivisione degli argomenti. I manager possono fare molto per la trasformazione del paese. Perché oggi più che mai c’è bisogno di leader. Meglio, usando una terminologia più avanzata, è necessario essere e-leader.

(Via Il Dirigente)

A Padova l’arte di #Reinventarsi. Innamorati della Cultura per GammaDonna

Tornata non esattamente fresca dallo speech organizzato dall’Associazione GammaDonna a Padova. Viaggio in giornata, ultimamente accade di frequente, per presentare la piattaforma ad un pubblico di aspiranti imprenditori ed imprenditrici. Il moderatore, Ruggero Targhetti del Corriere, personaggio arguto e garbato, ha posto domande precise e penetranti. Al di là della presentazione di Innamorati della Cultura, che ormai scorre liscia e senza papere, mi sono molto piaciute le domande relative al significato per una Startup di appoggiarsi ad un incubatore. Perché una Startup, come ha giustamente rimarcato il referente di Intesa San Paolo, è solo il termine attuale con cui si indica una nuova impresa.

emanuela negro ferrero

Per una banca, quindi, una Startup è una nuova impresa, ma per gli incubatori invece che cos’è? Provo a raccontare brevemente l’esperienza personale con l’incubatore del Politecnico di Torino, l’unico che conosco e a cui siamo tuttora appoggiati. Prima domanda: che cos’è un incubatore? È un luogo fisico dove le Startup possono vivere e, se sono fortunate,  se si basano su un’idea vincente e remunerativa, se il team ha grandi capacità manageriali, nel giro di un anno o due possono sperare di trasformarsi in Nuove Imprese registrate all’apposito registro della Camera di Commercio e quindi accedere ai “seed”, vale a dire finanziamenti da parte di investitori privati o fondi. Questo luogo a Torino si chiama TreataBit e a noi di Innamorati della Cultura ha dato la possibilità di affittare una scrivania con circa 60 euro al mese + Iva. Oltre alla scrivania, il nostro incubatore mette a disposizione sale e spazi e offre corsi di aggiornamento e formazione, che a noi non servono un granché ma che sono molto interessanti e ben fatti se hai una ventina d’anni e non hai mai lavorato.

Ieri Targhetti ha chiesto più volte se stare in un incubatore serve. Non so, serve? Certamente avere il bollino dell’incubatore dà quel tocco di serietà che non guasta; come anche poter usufruire di una scrivania scaldata d’inverno e  fresca d’estate e con wi-fi free non è affatto male. Da qualche giorno il giovane tutor a cui siamo stati affidati ci sta dando una mano a compilare il business plan. Ecco, questo è utile, perché appena pronto il documento, inizieremo a sottoporlo ai vari investitori. Così, magari, passiamo dal TreataBit al vero e proprio incubatore: i3P. Servirà? Non lo so, ma non vedo alternative. In Italia ti danno il mutuo se hai una casa da mettere a garanzia. Se sei una Startup, per logica, ti finanziano se dimostri che la tua attività rende.

Potere alla parola. Contro la violenza sulle donne

Sapete che ogni tanto ci piace condividere con voi le mie scoperte… Beh, oggi, ci siamo  imbattuti in un bellissimo video realizzato dagli studenti del Corso triennale d’Animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema con sede a Torino.

È un delicato lavoro di animazione che è stato prodotto in collaborazione con SNOQ Torino, Salone del Libro e Amnesty International per il progetto “Potere alla parola“, con l’obiettivo di sensibilizzare soprattutto i giovanissimi di genere maschile al tema della violenza contro le donne.

Date un’occhiata qui:

Tempo di Mondiali. Grandi momenti di piccolo calcio….

Mentre i Mondiali impazzano e tutti si preparano per la seconda sfida degli azzurri, stamattina ci siamo sono imbattuti in un link che col calcio c’entra molto, ma non con quello che conosciamo così bene.
Lo condividiamo  qui con voi. È un video molto interessante che racconta una storia diversa dal solito, quella de “L’equip petit“, una squadra di calcio composta solo da bambini che non se la cavano benissimo con il loro sport preferito. Perdono sempre, ma nonostante ciò, amano il calcio e continuano a giocare, perché si divertono e li rende felici. Semplicemente.

Adesso non vi anticipiamo  più nulla e, mentre vi preparate per stasera, godetevi solo la grande storia dei bambini del Margatània:

La scoperta del video ha comportato, in realtà, un’altra bella scoperta. Grazie al link ricevuto via mail da una nostra amica, ci siamoì imbattuti nel sito che segnalava il video. Il suo nome è Una cosa al giorno e lo consigliiamo  a tutti, perché fa bene ritrovarsi ogni mattina nella propria casella di posta una mail che stupisce, che fa sorridere e che fa scoprire sempre qualcosa di nuovo e inaspettato. È una cosa rara, oltre che una gran bella idea. Sperimentate anche voi. 😉

Crowdfunding? Digitalizzazione?

È un dato certo, certissimo. In Italia siamo in ritardo su tutto. È vero, c’è la crisi, ma come la mettiamo con la digitalizzazione del paese? Delle persone? Da un lato, abbiamo la banda larga che non c’è e la connessione che latita; dall’altro ci sono gli studenti italiani che, secondo il Ministro Franceschini, sono degli assi di Storia Medioevale, mentre secondo il Presidente di Google sono delle scarpe in informatica.

E poi c’è la realtà nuda e cruda, quella davanti agli occhi di tutti.  Se non ci diamo una mossa, finiamo veramente peggio dello Zaire. Posso giurare che è vero. Innamorati della Cultura è online da circa due mesi, funziona e raccoglie. Ma raccoglierebbe molto di più se non avesse avuto la pessima idea di  1 – definirsi crowdfunding invece di colletta e 2- chiedere ai donatori di versare gli importi usando la carta di credito. Pare che per molti  sia un po’ perverso attivare un sistema di pagamento online semplice, certificato da PayPal e tutto in chiaro. Il donatore italiano non ci sta. Prima ti chiede se può versare cash oppure fare un bonifico, poi si rassegna e versa, ma controvoglia. Molto di più al Nord che al Centro-Sud. Molto di più uomo che donna. Molto di più laureato che non. Incuriosita dai commenti ricevuti dagli utenti e dai Creatori di progetto sono andata a guardare un po’ di dati, quelli che a mio avviso dovrebbero essere forniti dai giornali al posto dei risultati delle partite di calcio.

Magari, a furia di sentirsi dire che la digitalizzazione ci può portare fuori dalla crisi, qualcosa cambia; perché se non cambia sono guai peggiori di quelli che già abbiamo. Gli italiani lo sanno? Quelli degli 80 euro al mese sono informati? Sono a conoscenza del fatto che dovrebbero pretendere di utilizzare una parte di quei soldi per pagare una buona connessione e uscire dal buio? Questa volta i miei dati parlano di turismo, perché con la Cultura il turismo ha molto in comune. Secondo  i numeri emersi dall’ultima rassegna internazionale del turismo, viene tracciato un identikit interessante del turista 2.0 negli ultimi 12 mesi. Il 91% dei viaggiatori prenota online un servizio o prodotto legato al viaggio. Il web è considerato il canale più  sicuro per cercare informazioni sull’offerta turistica e ricettiva. Il 99% dei possessori di smartphone e tablet si collega alla rete tramite device mobile mentre è in viaggio e il 47% utilizza un’app per pianificare, prenotare e informarsi. Eppure, recenti studi pongono l’Italia al penultimo posto nella classifica dei 20 paesi in cui gli alberghi offrono gratuitamente l’accesso alla Rete tramite wi-fi. Lungo la Penisola, solo il 53% degli hotel è Internet Friendly, mentre la media nazionale offre il servizio a un costo orario di 3,48 euro. Sono dati desolanti, che potranno essere superati solo attraverso la formazione e una buona informazione.