Leggo con molto interesse che il Personal Branding è diventato argomento da social. Evviva. Questo mi suggerisce che il Personal Branding è in salita e, forse, in auge.
Trovo una grandissima differenza fra gli articoli pubblicati in Italia e quelli americani. Soprattutto, noto che in Italia ci si riferisce al Personal Branding in due modi, quasi sempre non esatti. Il primo è che si tratti di un sistema per trovare lavoro su Internet creando profili ad hoc sui social. Il secondo che sia un lavoro di creazione di un’immagine – il famoso brand – su Internet. Come dire, ti cerco un marchio giusto, un sito giusto un claim giusto ti costruisco profili social ineccepibili e faccio di te un dio. Sì e no. La verità, come accade quasi sempre, sta nel mezzo.
Personal Branding, tanto per chiarire, è una precisa tecnica di comunicazione contenente diversi elementi di coaching, di marketing, di comunicazione d’impresa e studio dell’immagine. È qualcosa che si impara frequentando corsi universitari – soprattutto americani – e poi con tanta, tanta pratica. Personalmente seguo da anni la corrente creata da Rampersad perchè, oltre ad eccellere nell’aspetto puramente teorico , ha creato una tecnica di analisi e di intervento di taglio olistico molto attuale e che consente di raggiungere risultati di grande eccellenza.
Lavorare per identificare il brand, che sia un’azienda o un professionista, significa fondamentalmente ricercare ciò che è in armonia con i sogni, lo scopo della vita, i valori, le passioni, le competenze, l’unicità, il genio, le specializzazioni, le caratteristiche e le cose che il cliente ama fare. In che modo si può fare tutto questo? Seguendo percorsi di analisi e strategie di valutazione aventi come unico scopo quello di definire con chiarezza l’identità personale stabilendo quali sono i veri valori, i punti di forza, l’unicità. Ecco perché la definizione di Personal Branding è olistica. Per esperienza so che questo tipo di lavoro regala un Personal Brand forte, organico e riflette ciò che il cliente ha di più autentico. La vita professionale prende così una piega diversa. Esiste la concreta possibilità di restare nel flusso attraendo situazioni e persone realmente in sintonia con ciò che si è. Un lavoro di Personal Branding meccanico, oserei dire cerebrale, comunica magari una bella immagine, contenuti perfetti. Ma è qualcosa di fasullo che non porta vantaggio sul medio e lungo periodo. Anzi, voler diventare un prodotto e vendere se stessi, seppure in maniera ineccepibile, comunica egoismo, narcisismo. Manca il cuore, insomma. Manca la verità. Quanti prodotti sono stati creati dal marketing, messi sul mercato e hanno fallito? Con le persone è diverso, perché il Personal Branding si riferisce all’identità e all’essenza.
Questo schema, tratto da uno dei tanti libri che ho studiato in questi anni, a mio avviso riassume bene il concetto olistico del Personal Branding:
no vision + no hope + no faith + no selfknowledge + no self learning + no thinking + no mindset change + no integrity + no happiness + no passion + no sharing + no trust + no love = NO PERSONAL BRANDING.
Come dire, Oprah è Ophrah. Io sono io e tu sei tu. Ognuno di noi ha qualcosa di unico e di speciale. Ecco, il mio lavoro intende estrarre il diamante grezzo e farlo brillare. Utilizzando l’esperienza di comunicazione e di immagine e le tecniche di coaching e mentoring. Mettendo al centro la persona, con tutti gli strumenti che ho a disposizione.
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